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12 2012

n-1. Fare Molteplicità. Un Manifesto Filosofico

Gerald Raunig

Occupazione senza soggetto. Movimento senza soggetto. Composizione asoggettiva. Gli attuali movimenti di occupazione sono caratterizzati dal loro fare a meno di qualsiasi soggetto. Nessuna unità, nessuna totalità, nessuna classe identificabile. Le teorie classiche della rivoluzione vedrebbero tutto questo come un problema,  dato che il soggetto (rivoluzionario) è la condizione  per la possibilità della rivolta, dell'insorgenza, della rivoluzione, come una componente imprescindibile di una teoria a stadi: soltanto quando appare all'orizzonte un soggetto uniforme, un blocco molare, la classe operaia, un  fronte unito, solo allora - guardando alle cose da questa prospettiva - la rivoluzione può avere inizio. Eppure, l'assenza del soggetto non deve essere   interpretata come una mancanza. Al contrario, potrebbe indicare una nuova qualità nella rivoluzione, una rivoluzione d'ora in poi molecolare, e un primato della molteplicità al suo interno. Quando il soggetto non c'è, non è un difetto, come uno spazio vuoto (ancora) da riempire, che supplica di essere colmato. Dal punto di vista della composizione della rivoluzione molecolare non c'è l'esigenza di unità, o della rappresentazione di un soggetto (di classe) unificato dai leader, dal partito e dall’avanguardia. 

Il rifiuto del primato della classe, o di una classe specifica (sia essa il proletariato o il ceto medio minacciato dal declino) non significa affatto escludere la differenziazione gerarchizzante che ha luogo in modo più radicale che mai nell'attuale produzione capitalistica. Il capitalismo differenziale rende striate le differenze, le gerarchizza e le valorizza. Nonostante ciò la molteplicità molecolare non alimenta alcuna speranza in nessuna forma di resistenza contro questo capitalismo macchinico e differenziante che si impegna a omogeneizzare e totalizzare le differenze. Persino nelle loro manifestazioni negative non c'è altra possibilità che la molteplicità, intesa nel suo dispiegamento dis/continuo.  Persino il soggetto, l'uno, il tutto, laddove non è più assente, non è la conseguenza di un processo di raccolta, di formazione e unificazione dei molti, del singolare, del disperso, da comporre in un blocco molare. Non segue una logica di addizione, ma una di sottrazione. Deve prima essere estratto dalla molteplicità innumerabile, distaccato, decalcolato al fine di essere uno. L'uno emerge solo quando la logica del contare, classificare e identificare applica la sua matrice sulla molteplicità; quando l'innumerabile viene domesticato attraverso il processo del calcolo. Il soggetto può apparire solo attraverso la sottrazione dal multiplo: n-1. 

I percorsi anfibi delle macchine rivoluzionarie non hanno più bisogno oggi di un solido rifugio da talpa per scavare attraverso il mondo e fare la loro comparsa quà e là, in differenti situazioni geopolitiche, in nuove o vecchie forme. Non hanno nemmeno bisogno della forma del serpente, che crea il suo percorso più volte in tutte le direzioni senza scavare un sistema fisso di cunicoli,   senza limitarsi a nessun elemento dato sulla terra e senza lasciare alcuna traccia. Le narrazioni fluttuanti, le forme di azione e i fasci di affetti sono concatenamenti socio-macchinici così come continuità e discontinuità, ripetizione e differenza, riassunto e invenzione, si concatenano al loro interno senza transizione. Non c'è una relazione lineare tra i diversi movimenti di occupazione dall'inizio del 2011, nè tra questi e i movimenti precedenti. Il movimento Occupy statunitense ha preso in prestito le tecniche gestuali dal Social forum, tanto quanto le vecchie forme di azione anarchiche e le forme assembleari di base, dalle ondate di occupazioni nelle università del 2008 come dalle pratiche di occupazione di Piazza Tahrir al Cairo. Di rimando, gli attivisti egiziani hanno adottato alcuni aspetti del people's mic nato all'interno del movimento Occupy. Moltitudine, dispersione, molteplicità sono divenuti evidentemente parte del modo di produzione contemporaneo del capitalismo post-fordista, delle attuali forme di vita, eppure raramente si possono trovare nelle forme di organizzazione politica. La moltitudine è diventata la composizione tecnica della produzione post-fordista, ma in misura molto minore è diventata la sua composizione   politica. "In realtà, non basta dire "Viva il molteplice", anche se si tratta di un grido difficile da   lanciare. [...] il molteplice bisogna farlo". Questa ammonizione di Gilles Deleuze e Felix Guattari sembra adesso, oltre trent'anni dopo la sua   pubblicazione, scorrere come la molteplicità stessa sopra le soglie di percettibilità dei tentativi micropolitici - "al livello delle dimensioni di cui si dispone, sempre n-1". n-1, la formula della molteplicità da "Millepiani", sembra essere stata realizzata in modo più ampio che mai dalle occupazioni degli ultimi anni, in modo crescente dal 2011, con le loro tecniche inventive che hanno "fatto il molteplice".

La pratica dei movimenti Occupy su cui più si è discusso è probabilmente quella del microfono umano (human mic). Il suo utilizzo è emerso nel settembre 2011 quasi per caso e, com'era in realtà, per aggirare le avversità della situazione legale a Zuccotti   Park. In questa piazza pubblica in mano ai privati, era proibito per ordine della polizia utilizzare microfoni, megafoni o impianti di diffusione audio. Ecco perché nelle più grandi assemblee generali gli occupanti iniziarono a ripetere all'unisono ogni frase dell'oratore. La funzionalità di questa ripetizione inizialmente risiedeva nel rendere un discorso intelleggibile anche a centinaia di persone in un ambiente all'aperto.  Dall'esterno questa procedura di "amplificazione" sembra una tecnica sacerdotale (ad esempio, nelle documentazioni video su YouTube). Da una parte la voce rauca del capo-preghiera, dall'altra l'entusiastica affermazione della congregazione. Come tra il pastore e il gregge c'è una relazione pastorale tra il governo del tutto e gli individui - omnes et singulatim. Le singolarità corrono il rischio di annegare in questo processo che è allo stesso tempo di omogenizzazione e di individualizzazione. Più frasi vengono ripetute dalla folla, più il contenuto, il significato e l'appropriazione delle affermazioni vengono relegate sullo sfondo. Mentre alcuni sembrano cadere in trance, proprio attraverso la (auto-)relazione pastorale, per  altri la stanchezza porta ad un certo grado di automatismo: la riproduzione meccanica del materiale linguistico diviso accuratamente in porzioni può essere vista come una prova dell'(auto-)assoggettamento.

Se si guardasse al microfono umano unicamente da questa prospettiva, la si dovrebbe considerare una tecnica di centralizzazione, omogenizzazione e unificazione del molteplice. Ma non è questo il caso in cui "questo tipo di molteplicità macchinica, concatenamento o società rifiuta qualsiasi automazione centralizzata o unificante come una 'intrusione asociale’. A queste condizioni, n è   infatti sempre n-1". In questo secondo significato di meno in n-1 la domanda non è più il fatto che l'uno non preesiste al molteplice, che non ha sempre fatto parte del molteplice, che emerge solo dentro e fuori la sottrazione. L'uno, l'unità, l'unificazione non sono solo un effetto secondario   dell'introduzione di una griglia di contabilità - ma sono attivamente rifiutati dal multiplo macchinico. La folla molecolare attacca l’uno come il molteplice respinge la "intrusione asociale" dell'uno. Non permette la trasformazione dell'innumerabile dentro la matrice del calcolo. Da questa prospettiva, si può sottolineare la potenzialità del microfono umano come una forma   offensiva per la moltitudine e per la polifonia, in cui il coro come amplificazione non può essere ridotto all'affermazione euforica e automatica degli oratori. A questo proposito poi il microfono umano non è né "umano" e neppure "microfono". Non è un microfono perchè non si basa sulle variazioni di voltaggio per riprodurre una sorgente il più fedelmente possibile, sopprimendo i   rumori di fondo. Piuttosto, il microfono facilita il molteplice, la moltiplicazione della voce e allo stesso tempo produce “rumore di fondo” invece di sopprimerlo. La proposta è allora non soltanto di rendere il materiale linguistico il più accuratamente possibile, non una semplice riproduzione del contenuto linguistico, piuttosto un continuo dispiegamento dell’enunciazione.

Al microfono umano non mancano solo le caratteristiche di un microfono - esso infatti è anche non "umano". Sottolinearne l'umanità fa perdere di vista la relazione socio-macchinica da cui emergono le enunciazioni del molteplice. La moltiplicazione delle voci modula il contenuto in un mormorio polivocale. All'inizio è vero che sono molte voci che fanno lo sforzo di amplificare una singola voce. Ma la domanda non è solo sulle voci di individui distinti che si compongono in un coro comprensibile e linguisticamente il più inequivocabile possibile. E' anche sul divenire sfocato dell'autore e del pubblico, sullo sfondo di una nuova schizo-competenza, un’inventiva, soggettività macchinica che in definitiva genera un saper fare più cose in contemporanea tra ricezione, ripetizione e sviluppo/enunciazione della propria posizione. Nella produzione post-fordista   quotidiana, attraversata da ogni sorta di linea polifonica, polivocale e poliaffettiva, c'è una certa   confusione, in cui tutto avviene allo stesso momento. Possiamo allo stesso tempo ascoltare, ripetere e prendere posizione. L'uno non entra mai in connessione con il molteplice in quanto unità, in quanto identità: l'uno nel suo insieme è solo e sempre sottratto. C'è una relazione tra il   molteplice e l'uno solo quando l'uno compare come un singolo che non è più sottratto dall'infinito-molteplice. Le singolarità interagiscono con il multeplice come com-ponenti di una mostruosa  com-posizione in cui le singole voci producono una polifonia non attraverso l'accordo, ma attraverso l'intonazione ognuna nel suo proprio modo. Questo si applica anche alla pratica della micro-amplificazione del microfono umano. Può accadere che un coro in cui le voci parlano all'unisono, finisce per diventare radicalmente polivocale e differenziato: una voce dà sostegno all'oratore con la gestualità, un'altra esprime il suo dissenso con altri gesti anche se ripete l'ultima frase del discorso, mentre la terza gli gira le spalle per meglio compiere la sua funzione di amplificazione per il resto dei presenti.

Nel corso dell'espansione del movimento Occupy il processo del microfono umano è stato applicato a assemblee sempre più ampie, in diverse onde consecutive di ripetizione, fino a cinque, una vera e propria amplificazione di massa. Persino nella grande manifestazione di Manhattan la nuova pratica del mic check è stata spontaneamente adottata. Ma sarebbe sbagliato spiegare l'emergere e il diffondersi della molteplicità con la logica del calcolo per addizione e dell'aumento quantitativo. Il fondamento della produzione di molteplicità sta tanto nel superamento della logica addizionale del calcolo, quanto nel rifiuto dell'unità, che emerge solo attraverso la sottrazione dalla molteplicità. Detto ciò, il problema della propagazione rimane e, con esso, la vecchia domanda: come possiamo diventare ancora di più di quelli che siamo? Ma è sbagliato iniziare con questo interrogativo. Cominciando con un Noi, finiamo sempre a ragionare sulla questione della maggioranza. Essere-di-più, nel senso della maggioranza è una pia illusione, e un punto di arrivo dell'immaginario lineare della propagazione attraverso un'emittente e un   ricevente, produzione di saperi e ricezione, rappresentanti e rappresentati. É solo con l’abbandonare la questione della maggioranza e del diventare di più per passare al divenire molti che la logica dominante può essere trasformata nel rifiuto di identificazione e rappresentazione, in n-1. In un’ecologia post-mediale, moltiplicazione e propagazione non devono essere intesi come la somma di uno con l'altro, ma principalmente attraverso la forma del contagio macchinico-mostruoso. Questo è il punto in cui i media perdono il loro ruolo come centro di un processo lineare di rappresentazione dalla produzione alla ricezione. Il centro è il multiplo in sè. Da lì il molteplice cresce e si diffonde. Il problema non è più quello di rivolgersi a obiettivi di gruppo attraverso i media di massa dalla maggiore estensione possibile e ai loro autori-soggetti, ma quello di produrre un differente centro qui e ora, un torrente che dilaga nel centro del molteplice. I media qui non sono soltanto un mezzo. Prendono parte alla produzione di socialità e diventano "social media" in una nuova accezione. Pensiamo alle prassi che si sono sviluppate al Cairo, in cui una moltitudine di video-attivisti ha messo le proprie immagini su YouTube e su altri canali del web, e questi estratti sono poi stati mandati di nuovo sugli schermi di Piazza Tahrir e in seguito in molti altri luoghi decentrati nella città. Una produzione e una rappresentazione multi-sfaccettata dei video va oltre la tecnica puramente difensiva della documentazione degli assalti della polizia e della repressione dello stato, e diviene una produzione di immagini e suoni con più prospettive, un processo di produzione del sociale. O pensiamo alle dirette web delle assemblee generali durante le occupazioni delle università, dalle asambleas alle general assemblies. Sono divenute un "Reality rivoluzionario" e hanno creato, nonostante tutte le banalità, e a volte persino il ridicolo, di ritrarre semplici processi decisionali, una nuova idea di trasparenza della politica. O pensiamo al social network spagnolo n-1.cc. Un dispositivo tecno-politico che punta ad estendere in modo radicale le possibilità dei media e della socialità, il tutto in modo auto-organizzato, orizzontale, dalla e per la base. Creato da alcuni hacker e attivisti politici, n-1 è rimasto per molti anni una cosa da iniziati. Con il movimento 15-M e "Democracia Real Ya" le cose sono radicalmente cambiate. Anche se nemmeno ora n-1 raggiunge i livelli di Facebook, nel corso del 2011 il numero degli utenti è arrivato a quasi 40.000. In uno spazio intermedio tra la pubblicazione auto-determinata e il divenire-invisibile è possibile sviluppare una socialità differente rispetto alle reti socio-narcisistiche strutturate attorno agli interessi economici. La socialità post-mediale emerge tra le pratiche miste e non-lineari tra le piazze, le strade, le assemblee e gli spazi di comunicazione. Connettersi a molte macchine non significa necessariamente esserne dipendenti. La socialità emerge proprio nell'interstizio tra sociale, media e corpi macchinici. "Fare il molteplice" significa concatenare queste macchine invece di connetterle agli apparati dell'uno. Rifiuto del blocco molare, rifiuto del fronte unito, rifiuto dell'addizione/sottrazione e del soggetto unificato. n-1.